Nei film, nelle serie e nelle soap italiani non si può più sparare. Il disarmo dell’audiovisivo è dovuto al fatto che non si possono più usare le armi sceniche utilizzate finora. E i cosiddetti armieri del cinema, che da 40 anni gestiscono e rispondono delle 6mila armi usate sui set, le hanno ritirate e sono pronti anche a riconsegnare le licenze per evitare di finire in galera.

Una situazione surreale determinata dalla cervellotica interpretazione della direttiva emanata circa due anni fa da Bruxelles per far sì che le armi di scena fossero effettivamente innocue. Invece di ispirarsi alle regole in vigore in Francia e Germania, la commissione istituita all’epoca dal nostro ministero dell’Interno si è inventata una procedura di modifica delle armi molto complicata, fissando al 5 novembre di quest’anno il termine ultimo oltre il quale chi non si fosse messo in regola avrebbe potuto essere perseguibile.

Così le produzioni in corso che prevedono scene di azione si sono bloccate. I produttori dell’Anica sono subito intervenuti sui ministeri competenti (Interni e Mibac) chiedendo una proroga per mettere a punto una normativa più razionale in linea con gli altri Paesi europei. Il testo della proroga è pronto, ma dovrà essere incardinato in un iter legislativo. Fino ad allora quante ore di riprese e di salari si bruceranno?

Fonte: http://www.primaonline.it