Con le ordinanze emesse il 26 maggio 2011, il Tar del Lazio ha respinto, con poche righe, le domande cautelari presentate da tre titolari di licenza di detenzione di armi per uso scenico relative all’annullamento, previa sospensione, dei provvedimenti di revoca delle suddette licenze.
L’Associazione AIAT-SFX ritiene doveroso segnalare, con le motivazioni che seguono questo comunicato, l’assurdità e la superficialità di tale decisione, che non ha tenuto in alcun conto che si è arrivati a questo punto per dei provvedimenti giudiziari nati dal nulla, stante la perdurante assenza di una regolamentazione delle armi per uso scenico sparanti a salve. Analoga situazione che ha già prodotto un lungo, faticoso, costoso e inutile procedimento giudiziario nato nel 1995 e finito a novembre del 2010 con l’assoluzione delle persone coinvolte.
Si ripropone, quindi, uno scenario che dopo i recenti incontri con il Ministero dell’Interno ritenevamo ormai alle spalle.
In qualsiasi momento, infatti, qualunque operatore del settore, nell’ambito delle armi per uso scenico, potrebbe trovarsi coinvolto in indagini a seguito delle quali, in dispregio del principio d’innocenza sino a condanna definitiva, potrebbe perdere i requisiti ritenuti necessari dall’Autorità di P. S. per poter proseguire a svolgere il proprio lavoro.
E’ bene peraltro sottolineare che la vicenda in corso sta riguardato tutti i titolari di licenza di detenzione di armi per uso scenico e che, al momento, per tutti questi “considerati” pericolosi soggetti per l’incolumità pubblica, vigono provvedimenti amministrativi che ancora non consentono la ripresa delle attività.
Siamo di fronte ad una vera e propria situazione d’allarme non solo per gli addetti, ma per tutto il settore cinematografico, perché quello che sta succedendo in questi giorni, oltre ai disagi già provocati, potrebbe riproporsi in qualsiasi momento e nessuna produzione può sentirsi al riparo dal dover fare i conti con un sistema di regole non scritte che potrebbe mettere in serio pericolo dal più piccolo al più impegnativo degli investimenti economici.

Per l’Associazione
Il Presidente
Franco Ragusa



Relazione sulle ordinanze del TAR

Rispettando la sequenza presente nel dispositivi adottati dal Tar del Lazio, si parte dalla considerazione che le licenze revocate sono relative alla detenzione di armi ad uso scenico, sparanti a salve ed inefficienti all’offesa e che, fra le prescrizioni impartite ai titolari delle stesse, la prima gli imponeva di “non detenere armi che non siano preventivamente rese inefficienti e regolarmente autorizzate.
È da questa premessa che, per il TAR del Lazio, risulta semplice dedurre gli adempimenti imposti dall’Autorità di P.S. a carico dei titolari di licenza e che, indipendentemente “dall’attuale carenza, a livello normativo, di disposizioni che indichino le modalità per rendere le armi inefficienti”, sarebbero stati disattesi.
Leggendo in maniera approfondita la medesima premessa, però, e facile anche accorgersi che nulla si dice riguardo al fatto che le armi non solo devono essere “preventivamente rese inefficienti”, ma anche “autorizzate”.
Preliminarmente, è quindi bene precisare che ai titolari di licenza di detenzione di armi ad uso scenico è fatto obbligo di rivolgersi ad armaioli autorizzati per poter modificare le armi e che le stesse debbono poi essere autorizzate dalla Questura di Roma per il loro inserimento in licenza.

Come infatti dichiarato dalla stessa Questura di Roma (pag. 9 delle controdeduzioni per il ricorso di L. R.), “La trasformazione in armi a salve doveva, quindi, essere documentata dai detentori delle stesse, attraverso idonea documentazione redatta dagli armieri abilitati.

Accertata, quindi, l’esatta conoscenza, da parte della Questura di Roma, quanto meno a partire dal 1980 (pag. 9 delle controdeduzioni per L. R.), delle modifiche di volta in volta adottate dai diversi armieri abilitati, al fine dell’inserimento delle armi in licenza, risulta facilmente evidente come, da parte dei titolari di detenzione, non vi siano state violazioni della prescrizione che impone la “preventiva resa inefficiente”.
Laddove, infatti, le documentate operazioni di resa inefficiente delle armi non fossero state ritenute idonee dalla Questura di Roma, non vi sarebbero state le condizioni per il rilascio delle autorizzazioni e l’iscrizione in licenza.
Ai fini, quindi, della determinazione dei corretti adempimenti da compiere da parte dei titolari di detenzione, non può in alcun modo cadere in secondo piano la circostanza che la Questura di Roma potrebbe, nel tempo, aver autorizzato e inserito in licenza delle armi non in possesso degli accorgimenti da lei oggi ritenuti indispensabili.
Non essendoci, infatti, norme chiare al riguardo, tanto da aver spinto anche la Questura di Roma a “sollecitare il Ministero dell’Interno per l’emanazione di un opportuno regolamento in ordine alle modalità tecniche con le quali rendere balisticamente inidonee le armi da destinare all’uso scenico” (pag. 13 delle controdeduzioni per L. R.), è soltanto sulla base della discrezionalità della Questura di Roma, al momento, che le armi possono essere ritenute idonee all’uso scenico.
Ma al riguardo, risultano quanto mai lacunose le spiegazioni fornite dalla Questura di Roma in relazione all’inserimento di alcune armi da ritenere non correttamente rese inefficienti.
Nel caso, ad esempio, di armi acquistate a San Marino “ove vige un’altra normativa in materia di armi, è stata ritenuta sufficiente una certificazione attestante la sola apposizione della vite a brucola in aggiunta, però, per alcune armi, alla eliminazione dei sistemi di chiusura del blocco oscillante.”(pag. 9 delle controdeduzioni per L. R.)
L’eliminazione dei sistemi di chiusura del blocco oscillante, modifica ritenuta sufficiente in aggiunta al mero tappo a vite, riguardava tutte le armi acquistate a San Marino o soltanto alcune?
E una volta prive del tappo a vite, queste armi potrebbero lo stesso essere utilizzate in maniera offensiva o non considerate, in riferimento alla canna, parti di arma non efficacemente rese inoffensive?
Altresì, riguardo ad altre armi modificate da un armiere abilitato di Roma, queste vengono citate non per prendere atto di quanto scritto nelle certificazioni, resa inefficiente con apposizione del solo tappo a vite, ma per chiedere spiegazioni al titolare di detenzione per aver successivamente provveduto ad inserire anche le spine di blocco non presenti nelle certificazioni (pag. 9-10 delle controdeduzioni per L. R.).

Verificata, quindi, l’oggettiva indeterminatezza della formula “armi rese inefficienti”, non soltanto per la mancata regolamentazione, ma anche e soprattutto per il modo di operare della Questura di Roma, la decisione del TAR del Lazio, di attribuire ai titolari di licenza di detenzione la mancata ottemperanza di una prescrizione che dipende da elementi di volta in volta variabili e a totale discrezione della Questura di Roma, e senza che la stessa abbia mai provveduto ad aggiornare i titolari di licenza degli eventuali cambi d’indirizzo, risulta quanto mai irragionevole.

Altro aspetto decisivo, rivelatosi in grado d’influenzare un Tar del Lazio particolarmente distratto e poco informato sulla materia, la parte delle controdeduzioni della Questura di Roma circa l’irrilevanza o l’assenza delle operazioni di manutenzione dichiarate dai ricorrenti per le armi trovate prive delle spine di blocco.

Contrariamente a tutta la letteratura specialistica in materia e con una spiegazione quanto mai bizzarra, la Questura di Roma ritiene sia tutta da dimostrare la tesi che le armi per uso scenico possano necessitare di manutenzione a seguito del loro uso con munizionamento a salve.
Per la Questura di Roma, infatti, l’uso delle cartucce a salve si differenzia soltanto per l’assenza del proiettile, e non risulta che l’uso di cartucce vere costringa ad una necessaria e costante opera di manutenzione perché in grado di lesionare facilmente le parti dell’arma (pag. 11 delle controdeduzioni per L. R.).
La Questura di Roma, però, sembra trascurare il piccolo dettaglio che, a differenza di un’arma senza spina di blocco, le armi che la contengono hanno appunto un pezzo in più all’interno della canna. Un piccolo pezzo di metallo continuamente sottoposto a forti sollecitazioni meccaniche, termiche e chimiche. Un piccolo pezzo di metallo, quindi, che nelle armi che sparano cartucce vere non c’è e che nel tempo e con l’uso potrebbe deteriorarsi al punto di divenire, a suo volta, un pericoloso proiettile.
Ma anche le strozzature alla fine della canna sono motivo di problemi in fase di pulizia, in modo particolare tenendo conto di un uso per il quale le armi, per le esigenze sceniche richieste, potrebbero finire ovunque.

 
Ma al di là delle considerazioni di tipo tecnico, il Tar del Lazio, basandosi sulle considerazioni di una sola delle parti in causa, la Questura di Roma, ha contestato l’assenza di documentazione relativamente alle attività di manutenzione.
Secondo la Questura di Roma, infatti, senza che l’abbia mai imposto o scritto da alcuna parte, laddove vi fosse stata la necessità di operare interventi di manutenzione su alcune armi, i titolari avrebbero dovuto, proprio perché autorizzati alla sola detenzione di armi inefficaci all’offesa, darne comunicazione all’Autorità di P.S. per essere autorizzati al trasporto delle stesse presso un armiere abilitato che avrebbe provveduto al ripristino della inidoneità balistica. Tale obbligo, benché non esplicitato nel titolo autorizzatorio, doveva certamente risultare implicito (pag. 11 delle controdeduzioni per L. R.).
Ciò che quindi proverebbe di trovarsi in presenza di armi potenzialmente offensive e non affatto custodite negli appositi depositi in attesa di manutenzione, sarebbe l’assenza, per l’appunto, di queste “implicite” comunicazioni senza le quali le armi non possono essere autorizzate al trasporto.
Ma dove sta scritto che per operare interventi di manutenzione, gli armieri abilitati non possano recarsi direttamente sul posto, tanto più che parliamo di società di Effetti Speciali cinematografici con proprie officine meccaniche ben attrezzate?
Ciò che quindi la Questura di Roma oggi dichiara come implicito, implicito non è affatto. Tant’è che per primi sono stati i titolari di licenza, con l’istanza di revisione presentata alla Questura stessa prima dei ricorsi al TAR, a richiedere una procedura da seguire per risolvere il problema del “che fare” in presenza di armi che potrebbero aver perso i dispositivi di blocco.